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La comunità ebraica di Roma è la più antica al mondo, abbiamo notizie della sua esistenza già nel II sec a.C.

Fino al medievo la comunità ebraica romana non ebbe particolari problemi di convivenza con la popolazione cristiana.

Durante il rinascimento, dopo lo scisma con i protestanti il papato inasprì i rapporti anche con la comunità ebraica.

In particolare Paolo IV, nel 1555, con una bolla “In nimis absurdum“, rilegò gli ebrei in una piccola zona di Roma lungo la riva destra il Tevere, ed impose leggi discriminatorie.

In Ghetto non aveva un vero  e proprio muro ma il recinto era formato dalle sequenza delle case, chiuso su un lato dal confine naturale formato dal Tevere,  e nelle strade di accesso alla zona  furono innalzati imponenti portoni.

Gli ingressi  erano inizialmente tre, poi furono ampliati a cinque,  nel 1825 fu aperto un sesto grazie ad un finamziamento dei banchieri ebraici di Rotschild.

Gli ebrei potevano lasciare il gretto all’alba, ma avevano l’obligo tassativo di rientrare entro il tramonto.

La sera i portoni venivano serrati e sorvegliati da guardie che, venivano pagate con le imposte che gravavano esclusivamente sulla comunità ebraica.

Le rigide leggi papaline punivano severamente chi si fosse attardato a rientrare.

Il 17 aprile del 1870 gli odiosi recinti furono definitivamente destituiti.

Oggi il quartiere abraico di Roma è uno dei più caratteristici e suggestivi della città